martedì, novembre 15, 2005

La ballata della paura

Si fici persuaso che la cosa non potiva andare avanti così. Lei faciva l’indecisa tra lui e un altro, un milanesi dall’accento irritante. Ma non era più cosa. Non potiva essere amico e amanti allo stisso tempo della fìmmina per cui aviva perso la testa. Non potiva abbracciarla da amico quanno invece voliva baciarla e baciarla quanno voliva prenderla e farla sua, perdersi nel calore so’, aderire con la pelle al suo corpo nudo, sprofunnari nel so’ sciauro di fìmmina fatta. No, non lo potiva fare. Stava tornando a casa che erano le due di notti, quanno gli venne in menti quella so’ amica, amante di Pino, un picciotto poco meno che trentino, elegante di natura e di reddito familiari, ma tanticchia bruttarello di viso. Lei, bedda e ammalianti, era sempri stata una fìmmina dicisa, che 'iva diritta per la strada so’, ma da quanno conobbe Pino la sua firmezza di sciolse. Lui non le promise mai nenti, ogni tanto si vidivano e facivano l’amore. Lui la chiamava ogni iornu ma l’argomento delle chiamate erano sempri le fìmmini ca si fotteva tra una scopata e l’altra con lei. Lei al telefono ridiva, ci scherzava sopra, arrivava pure a dargli consigli. Era felice così. ‘Nnamurata e felici. Per ‘iddra era meglio accussì che nenti. Po’ gli venne a menti una canzone di De Andrè, “la ballata dell’amore cieco” se non si ricordava male. “Morir contento e innamorato, quando a lei niente era restato, non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene”, ecco come faciva! La canzone contava di un picciotto onesto, ‘nnamurato di una fìmmina che non ricambiava e che fitusa lo fici ammazzari perchè le dimostrasse il so’ amore, e lui zitto e felici s’ammazzava perché era contento di esaudire il desiderio della so’ amata. Erano le tre o poco più, capì qual era la cosa giusta da fari, ma non gli sfarfallava tanto l’idea. Ci stette a pensari tanticchia. Non aviva gana di riprendere la questioni in mano, avrebbe significato portarla avanti per chissà quanto, però magari assaggiari un pò di felicità. Ma non voliva, magari questa volta preferiva chiudìri la questioni lì, aviri una certezza, un punto fermo. Ma non era questione di gana o meno, questa volta il picciotto, per la so’ prima volta in fatto di fìmmini, aviva veramente paura.

7 Comments:

Blogger Zarathustra said...

Incredibilmente calzante... mostruosamente calzante... inquietantemente calzante...


Auguri anche dal mio alter ego virtuale picciotto.

11/18/2005 09:43:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

L'ho letto ed ho pianto...

11/24/2005 05:10:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

l'arte, la letteratura, questo brano...sono capaci di portarti laddove vorresti essere da sempre: nel quadro della natura umana.
se non fosse così straordinariamnete vero e universale non riconosceremmo che egli è un genio!
il genio,anche il piccolo genio, hanno la capacità di porti di fronte ad una medesima situazione in una doppiezza di emozione: "ah è vero, è quello che ho sempre pensato"...e ugualmente in quella meravigliosa meraviglia che ti lascia bambino di fronte alla vita.

12/10/2005 05:48:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

basta chiavà e pubblica qualcos altro!!!!

1/16/2006 12:12:00 AM  
Anonymous Anonimo said...

dove cazzo sei finito giorgio????
ti cerchiamo giorno e notte...
se sei vivo fatti vedere
i tuoi compagni del Gulliver!

2/14/2006 01:27:00 PM  
Blogger gerrone said...

ciao disgraziato, vuoi aggiornarlo ogni tanto questo blog??? o no??

3/02/2006 05:20:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

amò è ora che lo aggiorni sul serio sto blog!su esprimiti!!!!

4/19/2006 11:27:00 PM  

Posta un commento

<< Home